Gran Bretagna Isole Orcadi Scozia

Isola di HOY – le favolose “Highlands delle Orcadi”

MONTUOSA, SELVAGGIA e SCURA.
HOY è la seconda per estensione fra le isole che compongono l’arcipelago delle ORCADI, ma basta uno sguardo al suo profilo austero per capire al volo quanto sia DIVERSA, ma proprio diversa, da tutte le altre!
Il nome stesso lo dice… “HOY” dall’antico norvegese “HAEY”, significa “ISOLA ALTA”, la più “alta” delle Orcadi; 57 miglia quadrate di arenaria rossa che millenni di intemperie hanno scolpito a meraviglia, in un complesso spigoloso di scogliere dirupate, ripide colline, brughiere accidentate e valli deserte che odorano fortemente di muschio e di torba. Collocata a sud della Mainland (isola principale) HOY è collegata da una strada rialzata alla piccola e più dolce SOUTH WALL, ma è lei quella che, fra tutte e più di tutte, regala scorci adrenalinici e profondi sospiri; impressioni forti che la rendono unica e inconfondibile, e che si fanno ricordare per sempre.
Dopo il primo fugace viaggio del 2010, ho sempre desiderato farvi ritorno; provare di nuovo quel senso di muto smarrimento e profonda meraviglia, di fronte a paesaggi che, spostandosi verso il nord dell’isola, si fanno sempre più intensi, inconsueti, selvaggi… persino un pizzico tenebrosi! Scenari inafferrabili e sublimi, stranamente severi rispetto ai verdi pascoli ondulati delle isole sorelle…  paesaggi che valgono a HOY, il titolo di “HIGHLANDS delle ORCADI”!
D’altra parte, che di “Highlands” si tratta, ce ne accorgiamo ben presto anche dal meteo… il sole, radioso più che mai, che per giorni ci ha accompagnato in altre parti dell’arcipelago, a HOY scompare subito sotto un cielo imbronciato… fa i capricci e si nega… si mostra di rado e in modo davvero mai troppo convinto! Nuvole e pioggia, quelle invece a volontà, a sottolineare il carattere aspro di un territorio in gran parte deserto e inospitale.

MA COME SI ARRIVA A HOY?
Trattandosi di un’isola, ovviamente in traghetto! A provvedere è l’efficiente flotta della ORKNEY FERRIES, che opera corse giornaliere e plurigiornaliere dalla MAINLAND (l’isola principale), con frequenza maggiore nei mesi estivi.
DUE, di fatto, le possibilità:
– la prima: avendo un’auto a disposizione e volendosela portare appresso, ci si imbarcherà a HOUTON (nei pressi di ORPHIR) per sbarcare dopo circa mezz’ora a LYNESS, località decisamente anonima e desolata, ubicata lungo la costa sud-orientale di HOY.
Sede, durante la Seconda Guerra Mondiale, della principale base per la flotta navale britannica stanziata a SCAPA FLOW, LYNESS porta ancora oggi evidenti cicatrici belliche, che si sommano a quelle, altrettanto profonde, lasciate dal più recente spopolamento dell’isola: case decrepite, edifici diroccati, piccole fabbriche e fattorie dalle pareti annerite e dai tetti sfondati. Diciamoci la verità… a parte forse qualche fotografo a caccia di scatti “artistici”, saranno in pochi ad apprezzare il forte senso di abbandono che caratterizza questa zona; presto superato però dalla straordinaria  bellezza dei paesaggi naturali che si incontrano spostandosi verso nord.
LYNESS è anche la sede dello SCAPA FLOW VISITOR CENTRE and MUSEUM, una ricca collezione di cimeli di guerra, collocata a ridosso del terminal dei traghetti. Attualmente il museo è chiuso a tempo indeterminato, per l’importante opera di ristrutturazione a cui da ormai oltre un anno è sottoposto. Una “mostra” provvisoria è stata nel frattempo allestita presso il fatiscente HOY HOTEL; ma per una visione più organica e soddisfacente, bisognerà attendere la riapertura della sede ufficiale (per gli aggiornamenti, consultare il sito )

– la seconda: da STROMNESS parte un ferry più piccolo, per il solo trasporto passeggeri. Il porto d’arrivo è MOANESS, niente più che un piccolo molo, dotato di una semplice sala d’attesa, cui si aggiunge qualche edificio rurale sparso qua e là, fra le verdi distese del sonnolento nord-est dell’isola. Nei soli mesi estivi, un servizio di minibus fa la spola fra il punto d’attracco e la splendida baia di RACKWICK, che nessun visitatore vorrà davvero perdersi! I più dinamici potranno inoltre noleggiare una bicicletta a STROMNESS, presso l’ORKNEY CYCLE HIRE, e portarla con sé sul ferry; percorrere quindi a suon di pedali la splendida valle di RACKWICK fino a guadagnarsi le remote meraviglie dell’omonima baia… se il meteo collabora e se il vento è a favore, si tratta in fondo di 6 miglia scarse (nemmeno 10 km) di corroborante e scenografico saliscendi!!!

Il profilo di HOY visto dalla MAINLAND, con il suo tipico cappello di nuvole

 

Fioritura nella baia di MOANESS

 

L’isola di HOY

RACKWICK BAY

Orkney’s last enchantment“, “the hidden valley of light“… così il poeta orcadiano George Mackay Brown descrisse la baia di RACKWICK. Arrivateci in un giorno tempestoso, quando il vento è scalmanato e alza la voce, e le nuvole corrono sul mare livido, gonfie di pioggia, avvicinandosi minacciose alla terra, mentre un fascio di luce irrompe improvviso… “l’ultimo incanto delle Orcadi“, “la valle nascosta della luce“, ehhh già, capirete all’istante il perché!!! Ai lati della baia, pareti verticali d’arenaria rossa racchiudono un’ampia mezzaluna dove grandi massi tondi striati, perfettamente levigati da millenni di onde e di maree, lasciano il posto a un accenno di sabbia rosata, su cui l’Atlantico batte e ribatte irrequieto. Arrivare lì… e di colpo sentirsi addosso tutto il mistero, il fascino cupo, la grandiosità desolata di un luogo che somiglia solo e soltanto a se stesso!
Intorno, a far capolino nell’erica, qualche cottage di pietra, spesso convertito in casa di vacanza; e – proprio lì, a un soffio dalla spiaggia – in quella che sembra la fine del mondo, le acque lucenti e sinuose di un bel fiumiciattolo che scorre lento, fino a perdersi chissà dove fra le montagne; e poi, il magnifico RACKWICK BOTHY, un piccolo rifugio pietroso circondato da un tipico muretto a secco. Per i più temerari niente di più avventuroso che dormire al suo interno, nel buio di una stanza che non ha letti, e nemmeno acqua calda o elettricità, sdraiati semplicemente a terra oppure su una non troppo confortevole panca. A disposizione, niente più che un caminetto, un fornello da campeggio e qualche candela. Qualcuno preferisce invece accamparsi fuori, in quel fazzoletto di prato che il muretto delimita come fosse un giardino, e addormentarsi lì, nel buio totale di quel cielo immenso, cullato dal fragore amplificato e un po’ inquietante dei flutti oceanici. E chi lo crederebbe? A RACKWICK, nei pressi dell’area parcheggio, si trovano servizi pubblici dotati di carta, sapone e persino acqua calda; ma ATTENZIONE, non esiste l’ombra di un punto di ristoro. Se intendete passarci un po’ di tempo e non volete morire d’inedia pensateci quindi per tempo (dell’acqua potabile è sempre comunque disponibile all’interno del “rifugio”)

La porta d’ingresso del pittoresco RACKWICK BOTHY

 

OLD MAN OF HOY

Una volta raggiunta RACKWICK e lasciata eventualmente l’auto nell’area parcheggio, ancora prima di seguire l’irrefrenabile istinto di fiondarsi su quello schianto di spiaggia, occorre fare un respiro profondo, attivare il proprio self-control e seguire invece, sulla destra, il cartello che indica chiaramente “OLD MAN OF HOY”. Ebbene, è proprio lì che ha inizio la camminata costiera più gratificante e godibile che si possa immaginare; un percorso di circa 3 miglia (solo andata), che parte lungo pendii erbosi in decisa salita, per continuare più dolcemente su un sentiero che corre in cima alla scogliera, meravigliosamente sospeso fra terra e cielo, tra panorami mirabolanti, distese svolazzanti di “cotton bogs”, effluvi salmastri e schiamazzi di uccelli marini che fluttuano come un’eco nel vento. Una volta giunti “in quota”, la baia di RACKWICK appare, maestosa e folgorante, molti metri più sotto, in tutta la sua gloriosa interezza; ma è solo dopo circa un’ora di cammino che, finalmente, compare “LUI”, l’OLD MAN OF HOY, che con i suoi 137 metri d’arenaria rossa svettanti dal mare, è il faraglione più alto e inaccessibile del Regno Unito! Separato dalla costa per l’effetto erosivo congiunto dell’oceano e del vento e puntato come un dito giudicante verso il cielo, era in origine un arco dotato di due gambe (da cui il nome) finché non venne una terribile tempesta a portargliene via una. Se volete vederlo in tutto il suo fulgore, non c’è tempo da perdere… la sua cima è purtroppo segnata da una grossa crepa e i geologi giurano che il “VECCHIO UOMO”, già tristemente zoppo, sarà presto così stanco che dovrà collassare fra le onde del mare!
CURIOSITÀ: I primi a scalarlo, nel 1966, furono Chris Bonnington, Rusty Baillie e Tom Patey; l’impresa, ripetuta nel luglio del 1967 da Bonington e Patey insieme ad altri scalatori, fu ripresa in diretta dalla BBC e seguita da oltre 20 milioni di telespettatori. Nel maggio del 2008 a conquistare il faraglione furono invece tre spericolati “BASE JUMPERS” che una volta guadagnata la cima si lanciarono nel vuoto con il loro paracadute… largo ai temerariiii!!!!!!!!! A mettere i brividi alla sottoscritta è invece bastato il vento che, per tutto il tempo, si è impegnato a strattonarci verso lo strapiombo! Ahhh quell’inebriante senso di vertigine alla vista impressionante delle scogliere più alte del Regno Unito, che si trovano proprio lì, appena a nord dell’OLD MAN OF HOY, nei 335 metri del massiccio promontorio di ST JOHN’S HEAD. Credetemi, una camminata a dir poco esaltante che, da sola, vale il viaggio!

L’impressionante OLD MAN of HOY… per quanto tempo ancora potremo ammirarlo?

 

E se la vostra tabella di marcia lo consente, sulla via del ritorno a RACKWICK, fate un salto indietro nel tempo al CRAA’S NEST MUSEUM, una piccola fattoria tradizionale (CROFT HOUSE) risalente al XVIII secolo, perfettamente restaurata e riportata al suo stato originale per mostrare come, in passato, si vivesse da queste parti. Lo individuerete facilmente sul fianco della collina… il suo pittoresco tetto ricoperto d’erba non passa certo inosservato!

 

DWARFIE STANE

“Poco o per niente interessante” ecco come qualcuno, su Tripadvisor, ha liquidato DWARFIE STANE, rincarando pure la dose in una specie di sentenza inappellabile… “non c’è niente da vedere, andrebbe tolto dalle attrazioni turistiche”!!!
Per quanto mi sforzi di rispettare le opinioni di tutti, di fronte a certe affermazioni sento il fumo salirmi alle orecchie… ma, dico io, come si fa a non percepire lo straordinario pur avendolo davanti agli occhi e potendolo persino toccare con mano?!?!!!! Vi invito dunque a verificare di persona di che cosa stiamo parlando… una camera sepolcrale (questo si pensa) risalente a circa 5000 anni fa (la data approssimativa ipotizzata è il 3000 a.C.) ricavata dal corpo massiccio di un’enorme masso di antica arenaria rossa devoniana, lungo otto metri e mezzo e largo circa quattro, arrivato chissà come (varie sono le ipotesi) nel nulla sublime di una vasta brughiera silenziosa, racchiusa ai lati da pareti scoscese e adagiata nella valle solitaria che divide QUOY da RACKWICK. Il parere non è unanime, ma sono molti gli esperti a considerarlo come l’unico esempio in tutto il Regno Unito (e nel nord Europa in genere) di tomba rupestre, non ottenuta cioè assemblando fra loro più pietre di dimensioni variabili, ma, cosa incredibile, scavando direttamente nel ventre di un’unico gigantesco pietrone! Sbirciando all’interno, attraverso l’apertura che sta sul lato ovest, si distinguono due spazi intagliati a mo’ di giacigli, entrambi di dimensioni non sufficienti per accogliere un normale essere umano. Ecco dunque spiegato quel nome bizzarro “DWARFIE STANE” e l’origine della leggenda locale secondo cui si tratterebbe della dimora di un nano (= dwarf) di nome Trollid; sebbene, ironicamente, altre leggende ne attribuiscano la costruzione a dei giganti! Pensate un po’ che la notizia della sua esistenza venne divulgata per la prima volta da SIR WALTER SCOTT in persona, che ne fece menzione nel romanzo “The Pirate” pubblicato nel 1821. Sul fianco della tomba compaiono diversi graffiti risalenti al XVIII e all’inizio del XIX secolo, fra cui balza all’occhio un’incisione in caratteri persiani che così recita “Sono rimasto seduto qui due notti ed ho imparato la pazienza“, lasciata dal capitano William Mounsey, accampatosi a DWARFIE STANE nel 1850; appena sopra, si legge il suo nome, in caratteri latini ma scritto al contrario e, guardandosi intorno, spingendo lo sguardo da lì all’orizzonte, nel vuoto ventoso di quella valle, appare chiaro come quello sia il luogo perfetto per interrogarsi sul mistero dell’esistenza; per apprendere il silenzio, l’attesa e la pazienza. Per raggiungerlo lasciate l’auto nell’area parcheggio che si trova sul lato destro della strada per Rackwick. Un cartello marrone, sul lato opposto, indica il punto iniziale del percorso, lungo una comoda passerella di legno che attraversa una distesa di bassi arbusti ed erica.

 

BETTY CORRIGAL’S GRAVE
“Qui giace BETTY CORRIGAL”.
Un piccolo luogo, sperduto nella brughiera, di cui voglio raccontarvi la triste storia.
Una lapide bianca e poche semplici parole, per restituire pace e dignità a BETTY, una giovane donna dai lunghi capelli scuri, della cui vita modesta nessuno mai si sarebbe curato né ricordato, se non fosse per il modo tragico in cui finí. Viveva in un cottage chiamato Greengairs e non era sposata; forse, in quell’isola grande e scura si sentiva sola. Un marinaio di passaggio le fece un sorriso, le sussurrò parole dolci, la strinse a sé, ma poi un giorno riprese il mare per non tornare più. Incinta e single, ecco due cose che insieme, a quell’epoca, non potevano proprio stare. La vergogna era troppa e la soluzione una sola. Cercare l’abbraccio del mare, l’oblio gelido delle onde per non soffrire più… una grazia che non le fu concessa. Qualcuno la ripescò, riportandola al peso di un peccato che nessuno, lei stessa per prima, le avrebbe mai perdonato. Decise allora che a liberarla sarebbe stata una corda. E così fu. Correvano gli ultimi anni del 1770 e un suicida non aveva certo diritto a sepoltura cristiana. Il suo corpo fu interrato e dimenticato fuori dai confini della parrocchia, in un punto privo di contrassegni, finché nel 1933 due tagliatori di torba non si imbatterono nell’angolo di una cassa di legno. Pensando potesse contenere oro, la aprirono, scoprendo invece il corpo intatto di Betty, perfettamente conservato dalla torba, con i lunghi capelli scuri a coprirle le spalle in ricci fluenti. La leggenda dice che la corda usata per togliersi la vita stava lì al suo fianco e che, a contatto con l’aria, si trasformò all’istante in polvere. L’aspetto di quel corpo appariva così incredibilmente “fresco” che subito intervenne la polizia di Kirkwall, ma il caso fu presto archiviato e fu dato ordine di seppellire la salma in quello stesso punto, dove continuò a riposare indisturbata fino al 1941. Le tribolazioni di Betty non erano però finite, perché un gruppo di soldati, scavando il terreno per approvvigionarsi di torba, si imbatterono nuovamente nella cassa e così la storia della “Signora di Hoy” (“The Lady of Hoy” come fu chiamata) cominciò a girare fra i militari che, mossi da curiosità morbosa, disseppellirono di nuovo il corpo molte volte, interrandolo poi sempre in quel punto. Il macabro rituale finì quando alcuni ufficiali disposero che il corpo venisse spostato e “protetto” da una lastra di cemento, che restò tuttavia senza nome. Fu il reverendo americano Kenwood Bryant, in visita a HOY nel 1949, a dire la prima messa per Betty, a far issare una croce e una piccola recinzione di legno. Poi, nel 1976, venne finalmente aggiunta quella minuscola lapide candida che ancora oggi richiama lo sguardo sul fianco spoglio della collina. E Betty vi aspetta lì, nel suo piccolo giardino, dove potrete fermarvi a farle un saluto, a dirle che nessuno la giudica più.
La si trova sulla sinistra, percorrendo la B9047 da LYNESS verso il nord dell’isola, in corrispondenza di un laghetto chiamato WATER OF HOY. Lasciate l’auto nell’apposito spazio a lato strada e seguite la passerella di legno che conduce alla tomba. Qualche minuto soltanto, perché Betty non si senta più sola.

Riposa in pace piccola Betty!

 

LYRAWA VIEWPOINT

Sul lato opposto della strada principale, più o meno all’altezza della tomba di BETTY, si trova l’accesso al LYRAWA VIEWPOINT, batteria difensiva antiaerea durante la Seconda Guerra mondiale e oggi punto panoramico da cui ammirare ampie e spettacolari vedute della baia di SCAPA FLOW e della MAINLAND. Uno spazio che, ad essere sinceri, oggi pare un po’ trasandato e come abbandonato a se stesso, ma comunque meritevole di una sosta per il magnifico panorama che, come un’immensa tela a tinte forti, ti si apre dinnanzi!

La grande baia di SCAPA FLOW

 

LONGHOPE LIFEBOAT MUSEUM

Correva il 17 marzo 1969 quando, durante una notte orribile, il battello di salvataggio in servizio a Longhope (LONGHOPE LIFEBOAT) si lanciò fra le onde rabbiose di una spaventosa tempesta atlantica, per prestare soccorso alla nave liberiana “Irene”, messa in seria difficoltà da condizioni meteo davvero proibitive. La furia del mare scaraventò la nave a riva con tutto il suo equipaggio, che miracolosamente si salvò; così non fu purtroppo per gli uomini a bordo del LIFEBOAT T.G.B., che scomparve improvvisamente tra i flutti per riemergere alcuni giorni dopo, capovolto, al largo di Hoy, con a bordo i cadaveri di 7 degli otto membri dell’equipaggio, mentre l’ottavo non fu più ritrovato.
Sono passati 50 anni esatti, ma quella tragedia vive ancora, limpida più che mai, nei ricordi della gente del posto e si capisce perché, quassù, ci si tenga così tanto a un piccolo museo che celebra la memoria di chi al mare ha consegnato, in un modo o nell’altro, la propria vita.

Siamo sulla piccola e pianeggiante SOUTH WALL, isola un tempo soggetta alle maree (un po’ come le Mont St Michel, tanto per intenderci) e oggi collegata in modo permanente a HOY, grazie a una strada rialzata costruita durante la Seconda Guerra Mondiale, lungo una lingua di terra ricurva chiamata “THE AYRE”. Arrivando da HOY, il LONGHOPE LIFEBOAT MUSEUM appare sulla destra, lungo una strada minore che costeggia la sponda sud-ovest della bella insenatura di AITH HOPE, come una specie di pittoresca palafitta, sbucata da una fiaba marinara e approdata per magia in quel luogo dimenticato dal tempo e dal mondo!!! Costruita nel 1906 per sostituire un precedente edificio di pietra adibito al medesimo uso, la “nuova” LIFEBOAT STATION rimase operativa fino al 1999, quando la costruzione di battelli di salvataggio di nuova concezione, super corazzati e adatti a restare permanentemente in acqua, ne rese superflua la funzione. Ma guai a smantellarla!!! La comunità locale si fece in quattro per farne un museo che tenesse vivo il ricordo di un pezzo importante della propria storia, delle tante missioni in mare e dei salvataggi, spesso eroici, compiuti da uomini valorosi, pronti a mettersi in pericolo partendo a qualsiasi ora del giorno e della notte da quel capanno sperduto!
Il museo fu inaugurato nel maggio del 2002 e rimane oggi un gioiello tanto piccolo quanto luminoso, allestito a meraviglia e gestito con amore; dove ammirare oggetti originali, dipinti suggestivi che ritraggono lance di salvataggio in azione nel mezzo del mare burrascoso, oltre al vero pezzo forte – il LIFEBOAT “THOMAS McCUNN” – un battello originale d’inizio ‘900, perfettamente conservato e pronto ad accogliere i visitatori, che avranno il privilegio di salirci e poterci camminare! Se vi trovate a HOY, non mancate di spingervi fin qui, la passione dei volontari, che ogni giorno se ne prendono cura, è altamente contagiosa e vi conquisterà. L’ingresso è gratuito, ma ogni donazione sarà un importante contributo al mantenimento di questa preziosa testimonianza dell’umano impegno e di lunghi anni di vita vissuta a stretto contatto con le insidie del mare.

Il cottage dei sogni affacciato sulla baia di AITH HOPE, a pochi passi dal museo

 

CANTICK HEAD LIGHTHOUSE

Chi nutre una certa passione per i fari non potrà farsi mancare una visita a CANTICK HEAD, la piccola penisola appuntita nell’estremo sud-est di SOUTH WALL, affacciata sul PENTLAND FIRTH e sul SOUND OF HOXA, a formare l’ingresso meridionale alla grande baia di SCAPA FLOW. Una posizione tanto strategica non poteva non avere il suo faro! Il mare da quelle parti non perdona e così, nel 1858 i commissari tecnici della “NORTHERN LIGHT” sollevarono la necessità di erigerne uno proprio in quel punto. La progettazione e la costruzione furono supervisionate dagli ingegneri THOMAS e DAVID STEVENSON, esponenti della più famosa famiglia di costruttori di fari scozzesi, che diedero inizio ai lavori nel 1856. Dall’alto di una torre cilindrica alta 22 metri e dipinta di bianco, nel 1858 la luce della lanterna brillò per la prima volta, lanciando un fascio luminoso nelle tenebre, visibile nel cielo fino a 33 chilometri di distanza. Adiacenti alla torre, una serie di cottages bianchi, fungevano in origine da abitazione per i guardiani del faro con le loro famiglie; ma nel 1991, dopo che il suo funzionamento fu completamente automatizzato, i cottages vennero venduti e trasformati in bellissime case di vacanza che è possibile affittare per brevi periodi. Non fatico a immaginare cosa debba essere svegliarsi lì la mattina, in quel punto sperduto, ai margini di un’isola remota, circondati dal silenzio, con le onde che si infrangono sotto le finestre e la magica luce del nord a illuminare quel meraviglioso tratto di costa! Qualche pecora a due passi dall’uscio; gruppetti di foche venute ad aspettare il sole sugli scogli; una barca che passa; il vento che agita l’erba, che spazza l’aria e i pensieri, sprigionando il profumo intensamente fresco della libertà… davvero un bel modo per iniziare un nuovo giorno a HOY!!!

 

E se vi venisse una punta di fame (ma se anche non vi venisse) due le TEA ROOMS presenti sull’isola… sbucano così, più o meno dal niente, fra paesaggi che tolgono il fiato ed hanno un aspetto talmente invitante che uno stop, anche veloce, bisogna farcelo per forza!

EMILY’S ICE CREAM PARLOUR & CRAFT SHOP
Deliziosamente colorato in tinte pastello e inondato della magica luce proveniente dalla MILL BAY, questo gioiellino di “caffè” non mancherà di attirare la vostra attenzione! Si trova lungo la strada che dal molo di LYNESS sale verso la baia di RACKWICK ed è un’ottimo indirizzo dove gustare gelati di produzione propria, torte e scones appena sfornati, succulenti waffles serviti caldi, oltre a semplici piatti come formaggi delle Orcadi e salmone affumicato dell’isola di Westray. Vale la pena entrare anche solo per godere della bellezza fiabesca dell’ambiente o per curiosare fra i tanti oggetti d’artigianato locale in vendita nel piccolo negozio annesso, ma una volta lì, mi raccomando, non privatevi del piacere di una delle tante irresistibili golosità offerte!!! È aperto dal lunedì al sabato (dalle 9,00 alle 17,00) fra maggio ed agosto; solo al venerdì e al sabato (dalle 11,00 alle 16,00) da settembre ad aprile. È invece sempre chiuso la domenica.

…la MILL BAY attraverso le grandi vetrate della tea room!

 

BENETH’ILL CAFÉ
A soli cinque minuti di distanza dal terminal dei traghetti di MOANESS e affacciato su un’affascinante baia sassosa, il BENETH’ILL CAFÉ è un attraente cottage di pietra circondato da un bel giardino attrezzato con giochi per bambini, dove potrete rifocillarvi con ottimi piatti “rustici” e dolci fatti in casa. Menzione speciale per i golosissimi scones serviti con burro e composta di rabarbaro. Dispone anche di licenza per servire alcolici nel caso vogliate accompagnare il vostro pasto con una buona birra delle Orcadi. Per la stagione 2019, sarà aperto tutti i giorni dal 3 aprile al 30 settembre, dalle 10,00 alle 18,00; resta invece chiuso durante la stagione invernale.

La bellissima baia di fronte al BENETH’ILL CAFÉ

 

DORMIRE A HOY: non sono in molti a scegliere di trascorrere almeno una notte sull’isola e, a dire il vero, altrettanto scarse sono le strutture presenti sul suo territorio! Per chi non volesse limitarsi a una visita in giornata e desiderasse sperimentare la magica solitudine notturna di HOY, consiglio vivamente l’HOTEL STROMABANK, collocato in posizione isolata, proprio nel centro di SOUTH WALL, la placida isoletta “annessa” al sud di Hoy. La sua atmosfera semplice ma estremamente accogliente, la conduzione strettamente familiare, l’ottima e abbondante cucina del ristorante annesso (aperto anche agli esterni), il calore della nostra modesta ma pulitissima stanzetta, hanno fatto del nostro soggiorno a HOY una tappa davvero indimenticabile!!!

 

 

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2 Comments

  • Reply
    francesca
    18 Febbraio 2019 at 20:10

    E’ sempre una gioia vedere le tue foto e leggere le tue parole, hai una grazia straordinaria nel descrivere i luoghi che ami, prendono vita sotto la tua “penna” e dietro al tuo obiettivo. Grazie!

    • Reply
      ilaria
      18 Febbraio 2019 at 23:00

      Ciao Francesca, che piacere immenso leggere queste tuo commento! Sono io a ringraziarti di cuore ❤️ davvero! Ti mando un grande abbraccio, in attesa di incontraci di nuovo di persona. Domani torno a casa… sarà solo per pochi giorni, ma sono così felice!!!

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