Tutto avrei immaginato tranne, un giorno, di mettere insieme CREMONA e la SCOZIA!
CREMONA, bassa padana che più bassa non si può…
estati torride, aria inquinata e abbondanza di zanzare; assenza totale di montagne… manco una mezza collinetta, un dosso, che so! Il mare lontano… troooppo lontano!!! E il vento… questo sconosciuto! Fra le sue vie, l’aria è ferma e pesante come una zavorra piazzata sulle spalle dei cremonesi, che però ci sono abituati e ci convivono come niente fosse. E guai se si alza un alito di vento, li vedi già nel panico, con i capelli scompigliati e la faccia sconvolta… oddio che succede, quale cataclisma sta per portarci via????
CREMONA, la città dove sono nata e dove abito da sempre, senza mai sentirmi veramente “a casa”. Ma non fraintendetemi… si tratta comunque di una piccola città d’arte, famosa in tutto il mondo per i suoi pregiatissimi violini (il nome ANTONIO STRADIVARI vi dice forse qualcosa?), la rinomata scuola di liuteria e le botteghe artigiane, per non parlare della piazza principale, davvero notevole grazie alla sua splendida cattedrale, all’elegante battistero e al campanile in muratura più alto d’Europa, a tutti meglio noto come “TORRAZZO”.
SCOZIA, l’amore incontrato “nel mezzo del cammin di nostra vita”, di quelli che ti piombano addosso come un meteorite, facendo piazza pulita di tutto quel che c’era prima… ed ecco aprirsi di colpo nuovi orizzonti, nuove passioni, sogni nuovi di zecca!
Perché la SCOZIA lascia il segno e ti stordisce di luce cangiante e di silenzio, di natura selvaggia, spazi sconfinati, cieli in movimento, vento che ti porta lontano, oceano irrequieto, aria che profuma d’infinito e di libertà. Forse viverci sarebbe diverso, chissà, eppure è la forma di quelle montagne, è la voce del vento che attraversa le sue valli profonde, è il profumo dell’acqua – sia essa pioggia, fiume, oceano, fiordo, mare del nord – che si fonde con quello della terra e della torba, a darmi quel profondo senso di pace che si prova solo quando si varca la soglia di CASA.
Due mondi così lontani l’uno dall’altro… così diametralmente opposti – per caratteristiche fisiche, climatiche e d’atmosfera…
Ma se davvero fra CREMONA e la SCOZIA esiste un nesso, quale mai potrebbe essere???
Conoscendole entrambe, uno soltanto può balzare alla mente: quella somiglianza, neanche troppo vaga, fra le voraci zanzare padane e gli agguerriti moscerini scozzesi… i famigerati midges! Ma non è di flagelli e spietate calamità naturali che mi accingo a parlarvi oggi -ehhh no – meraviglia delle meraviglie, l’inaspettato trait-d’union fra Cremona e la Scozia è piuttosto quel magnifico aggeggio dal suono solenne e quasi ipnotico che tutti associamo all’istante alla terra leggendaria dei Caledoni: la CORNAMUSA!!!
ORIGINE DELLA CORNAMUSA
Sfatiamo subito un mito: sebbene la parola “CORNAMUSA” evochi subito l’immagine di un Highlander in kilt intento a suonare il suo nobile strumento, a inventarla non furono affatto gli scozzesi!
Tanto per cominciare il termine generico “cornamuse” comprende in realtà una grande famiglia di strumenti a fiato con caratteristiche tra loro diverse. Di fatto, tutto è avvolto nella nebbia della storia più antica e scarsamente documentata, ma a quanto se ne sa oggi, i primi esemplari, fecero la loro comparsa nel bacino del Mediterraneo più di 2000 anni fa e, per essere più precisi, antenati delle attuali cornamuse già esistevano nell’Antico Egitto, quando ancora si trattava di semplici canne dotate di ance (specie di “bocchette” che fanno vibrare l’aria in ingresso) ma ancora sprovviste di sacca. La prima cornamusa in senso stretto (quindi dotata di sacca), di cui si hanno notizie certe, compare invece durante l’Impero Romano: detta Tibia Utricularis, pare addirittura che lo stesso imperatore Nerone ne fosse un suonatore; ma i Romani stessi le attribuivano un’origine più antica, greca o etrusca. Partendo dal bacino del mediterraneo, nel corso dei secoli, l’uso della cornamusa si è poi diffuso in tutta Europa, parte dell’Asia e del Nord Africa, assumendo forme tra loro diverse e dando luogo a differenti stili e tecniche d’esecuzione.
Piva Emiliana, Musa delle quattro province, baghèt, zampogna… anche in Italia ne abbiamo una bella rappresentanza ed è proprio il BAGHÈT o “cornamusa bergamasca o lombarda” la parente “povera” (legata alla tradizione contadina), eppure più stretta, della nobile CORNAMUSA SCOZZESE, la “GREAT HIGHLAND BAGPIPE”, quella che tutti conosciamo e che con il suo timbro penetrante, la continuità del suono e la potenza del volume, ogni volta che attacca ti fa accapponare la pelle, ti scuote la cassa toracica e ti devasta lo stomaco!
Il primo testo a fare menzione di cornamuse in Scozia risale al 1396 ed è un resoconto della battaglia di North Inch of Perth, detta anche “BATTLE OF THE CLANS” all’epoca appena combattuta; ma già dal 1387 GEOFFRY CHAUCER faceva menzione di cornamuse in territorio britannico nelle sue “CANTERBURY TALES”. La data esatta della sua comparsa lassù resta tuttavia sconosciuta, ma ditemi voi, come si può anche solo immaginare la Scozia senza CORNAMUSA???
TIRANDO LE SOMME…
CHE CI AZZECCA CREMONA CON LA “GREAT HIGHLAND BAGPIPE”?
Se quello che vi ho detto finora – per quanto incerto e a tratti fumoso – appartiene in qualche modo alla storia, gran parte di ciò che leggerete da questo punto in poi resta avvolto da un fitto mistero ed è confinato alla leggenda. Gli indizi però sono tanti e ben tre sono le storie – diverse fra loro – che legano CREMONA alla CORNAMUSA SCOZZESE… possibile che sia tutto un caso??? In fondo Cremona è o non è la città della musica?
Ma prima di svelarvele, occorre fare una premessa… questa volta storica!
È nel secolo XVI, con l’arrivo sulla scena dei MacCrimmon, che ha inizio la storia dei più straordinari “PIPERS” (suonatori di cornamusa) scozzesi, appartenenti tutti alla stessa famiglia e ufficialmente legati al clan dei MAC LEOD di DUNVEGAN, signori di SKYE, oltre che a rami diversi dello stesso clan, come i MAC LEOD di GESTO, anch’essi residenti a Skye, la più grande delle EBRIDI INTERNE. Infatti, a quel tempo, ogni capo clan aveva alle proprie dipendenze uno o più piper professionisti, il cui compito era quello di accompagnare con la propria musica ogni aspetto della vita del clan e del suo capo. Questo ruolo, che corrispondeva spesso a un vero e proprio titolo, era ereditario, e il piper veniva considerato secondo, nella scala gerarchica, solo al capo clan. Sebbene, come già sappiamo, l’origine della cornamusa sia ben più antica, è proprio a quell’epoca che lo strumento conosce l’evoluzione fisica (e non solo) che lo porterà alla sua forma attuale; i MacCrimmon apportarono inoltre importanti migliorie alla composizione, all’interpretazione e all’esecuzione dei brani, al punto che possiamo affermare che furono loro a riscattare la cornamusa dalle sue umili origini, ad arricchirne enormemente il repertorio e a gettare le fondamenta della nobile “ART OF PIPING” così come la intendiamo oggi. Fu lo stesso capo dei MacLeod a donare ai MacCrimmon la bellissima tenuta di Boreraig, affacciata sul Loch Dunvegan dove, fra il 1660 e il 1773, essi insegnarono la loro arte nel “MacCrimmon College Of Piping”, che divenne una sorta di mecca per i “pipers” provenienti da tutta la Scozia!
RESTA PERÒ DA RISPONDERE A UNA DOMANDA…
DA DOVE MAI SBUCARONO QUESTI MAC CRIMMON???
È qui che salta fuori CREMONA e che dalla storia si passa decisamente alla leggenda… pure declinata in più varianti!!!
VARIANTE n.1 è la storia-leggenda che fa riferimento alla BATTAGLIA DI PAVIA, combattuta nel febbraio del 1525, quando un reggimento di mercenari scozzesi si arruolò nell’esercito di Francesco I, il re di Francia, personalmente impegnato in Italia contro le truppe di Carlo V di Spagna. La battaglia si concluse con la rovinosa sconfitta dei francesi e con la cattura dello stesso Francesco I; i soldati scozzesi sopravvissuti batterono quindi in ritirata verso nord, lasciando tracce evidenti del loro passaggio a GURRO, un piccolo villaggio montano della Val Cannobina, in Piemonte. Bloccati dalla neve in quella valle isolata, vi ritrovarono l’ambiente ostile e selvaggio delle loro amate Highlands e ci si trovarono così bene che molti di loro decisero di mettervi radici. Ecco così spiegata l’origine gaelica di numerosi vocaboli del dialetto locale e la presenza, fra le vie di GURRO, di molti elementi architettonici che rimandano alla Scozia. Fu nel 1973 che, dopo approfonditi studi, l’etnologo scozzese Robert Gayre of Gayre and Nigg, fece includere ufficialmente i gurresi nel proprio clan (Gayre), consentendo loro di indossarne il tartan.
Parte dei soldati tornò invece in patria, portandosi appresso alcuni suonatori di pive provenienti dalla vicina CREMONA. E chi fu mai ad ospitarli in Scozia? Ma proprio loro, i potenti MacLeod di DUNVEGAN, sull’isola di SKYE! Dal loro luogo d’origine venne coniato il nome gaelico MacCruimhein, poi trasformato in MacCrimmon. Ed è proprio nei registri della parrocchia di GLENDALE (a Skye) che il nome fece la sua prima apparizione nel secolo XVI.
VARIANTE n.2 l’origine e l’evoluzione di quel nome – MacCrimmon – resterebbe né più né meno la stessa, ma qui ad essere tirato in ballo è uno dei capi del clan MacLeod di Dunvegan in persona, che dopo aver preso parte alle CROCIATE in Medio Oriente, avrebbe attraversato l’Italia per far ritorno in Scozia portando con sé un talentuoso musicista di CREMONA per farne il proprio “piper” ufficiale. Un’ipotesi che parrebbe avvalorata dal celebre “FAIRY FLAG OF DUNVEGAN” un drappo consunto probabilmente raccolto durante le Crociate (gli esperti ne hanno infatti ipotizzato l’origine siriana) e gelosamente conservato fra i cimeli di famiglia presso il Dunvegan Castle.
VARIANTE n.3 – l’ipotesi forse più suggestiva è quella formulata dallo storico cremonese AGOSTINO CAVALCABÒ che negli anni ’50 parlò per la prima volta della possibilità che fosse stato un “piffararo” cremonese a far conoscere in Scozia lo strumento all’epoca già suonato all’ombra del Torrazzo. Qui il condizionale è più che mai d’obbligo… questo misterioso cremonese, migrato dapprima in Irlanda, si sarebbe chiamato PIETRO BRUNO e sarebbe stato figlio di un prete di nome Giuseppe. Nato verso il 1475 ed emigrato intorno al 1500 a causa di dissidi religiosi con il padre, avrebbe dapprima preso il nome di Patrick Cremon, poi mutato in Mac Cremon una volta giunto in Scozia. Lì avrebbe avuto due figli, Patrizio e Giovanni, e sarebbe divenuto il capostipite della più celebre dinastia di pipers ereditari scozzesi… proprio loro, i “nostri” famigerati MacCrimmon!
Cavalcabò racconta poi di una certa Rachele Mac Crimmon, cornamusista scozzese di origine italiana – secondo i suoi studi discendente diretta di quel Pietro Bruno – morta a Dunvegan nell’estate del 1914 e identifica invece in un certo Corrado o Corradino, registrato a Cremona nel 1227, il più antico fra i suoi antenati. Nel 1951 il segretario del “COLLEGE OF PIPING” di GLASGOW Thomas Pearston scrisse all’Ente provinciale del Turismo di Cremona per avere una conferma di quanto in Scozia si sapeva sulla discendenza cremonese dei McCrimmon, cui apparteneva uno dei vicepresidenti del College. Pearston giunse a Cremona i primi di giugno, ma riuscì ad appurare con certezza solo l’esistenza, nel 1515, di un certo Bassiano del Bruno, oltre al quale nessun altro membro della famiglia veniva registrato.
Nel 1960, proprio mentre la ricerca si infittisce, Agostino Cavalcabò viene purtroppo colpito da infarto e muore improvvisamente, lasciando la sua opera incompiuta.
Le sue intriganti teorie non furono mai suffragate da alcun documento ma, ancora oggi, sulla facciata del palazzo degli Agricoltori in piazza del Comune a Cremona, è murato un bassorilievo in marmo che rappresenta appunto un “piffararo”. Le delibere della “Magnifica Comunità di Cremona” documentano inoltre che già agli inizi del ‘400, suonatori di piffero venivano assunti, quattro o cinque alla volta, per “pulsare” i loro strumenti a fiato ogni sabato, al vespro, davanti all’altare maggiore della Cattedrale, oppure sul poggetto del Battistero e inoltre dovevano intervenire in tutte le feste, nelle solennità e nelle processioni. Pare fra l’altro che già fra i pifferai cremonesi, come poi avverrà per i “pipers” scozzesi, vigesse la linea ereditaria: organizzati in una società chiamata “Societas pulsatorum piffari”, trattavano collegialmente con il Comune, proponendo l’assunzione di nuovi suonatori che venivano selezionati ogni volta nell’ambito familiare. Se poi ci aggiungiamo che il Comune forniva a ciascun pifferaio sei braccia di panno bianco e rosso con cui confezionarsi l’abito e il mantello, ecco che le analogie diventano proprio tante!!!
Verità? Mito? Leggenda? Questo non lo so e nemmeno lo voglio sapere!
Quello che invece so è che ora, con tutte queste storie a frullarmi per la testa, ogni volta che il suono grave, lungo e profondo di una “BAGPIPE” tuonerà di nuovo nell’aria portandomi scompiglio nel cuore, correrò con la mente a quel piccolo bassorilievo, pensando che chissà, il mio essere cremonese, forse alla fine un senso ce l’ha…
4 Comments
antonella gorini
18 Maggio 2018 at 20:38Ciao Ilaria,
che sorpresa leggere questo tuo articolo così diverso dai soliti, ma così interessante !
Una piccola e curiosa lezione di storia.
Delle tre varianti sul legame tra Cremona e la Scozia, quella che m’intriga di più è la prima, quella che parla del paese di GURRO .
E così sei riuscita a trovare, nella tua torrida ed inquinata Cremona, qualcosa che ti lega alla Scozia….
Brava Ilaria, bel lavoro !!!
P.S. Anche da quest’articolo ho trovato spunto per una prossima gita fuori porta: e Gurro sia !!!
ilaria
19 Maggio 2018 at 8:07Ciaoooo Antonella, in effetti questo è un articolo diverso da tutti quelli che ho scritto finora, ma essendomi imbattuta in questa storia, io cremonese pazzamente innamorata della Scozia, non potevo che restarne profondamente colpita!!! A proposito di Gurro: ho fatto lo stesso pensiero anch’io… una volta bisogna proprio che ci vada! Ci diamo appuntamento là???
Grazieeee di cuore per il commento e buon weekend carissima!
Antonella Girini
19 Maggio 2018 at 12:24Perché no, è una buona idea!
ilaria
19 Maggio 2018 at 12:43Quando decido di andare ti avviso Antonella!!!